Museo dell'Arte Contemporanea Italiana in Esilio

MUSEO DELL'ARTE CONTEMPORANEA ITALIANA IN ESILIO

Il progetto ideato da Cesare Pietroiusti, in collaborazione con Alessandra Meo, Mattia Pellegrini e Davide Ricco, intende raccogliere su tutto il territorio italiano opere realizzate da personalità singole o collettive che svolgono attività creative sorprendenti, eterodosse, fuori dai circuiti della comunicazione mediatica.
Il Museo non avrà una sede fisica fissa: concepito come entità nomade sarà esiliato presso istituzioni museali e associazioni culturali estere.

venerdì 4 novembre 2011

Alcune riflessioni sul primo incontro del laboratorio del "Museo in Esilio" nel padiglione Spagna della Biennale di Venezia

Il "Museo dell'arte contemporanea italiana in esilio" ha realizzato un laboratorio all'interno della Biennale di Venezia nel Padiglione Spagnolo come parte del progetto “L'Inadeguato” dell'artista Dora Garcia.
L'Inadeguato è un progetto sulle marginalità artistiche e politiche dagli anni 70 ad oggi in Italia, con particolare riferimento al potenziale rivoluzionario della legge Basaglia non solo in ambito psichiatrico ma anche culturale.
Dora Garcia una volta scelta come unica artista del Padiglione Spagnolo ha deciso di trasformarlo in una serie di incontri/performance che lo renderanno attivo per tutta la durata della Biennale.
Il gruppo del “Museo in esilio” composto da Cesare Pietroiusti, Alessandra Meo, Mattia Pellegrini e Davide ricco ha deciso a sua volta di creare un laboratorio operativo diviso in due incontri.
In questo primo incontro abbiamo spiegato gli intenti del museo in esilio, quindi la ricerca di personalità che per qualche particolare caratteristica possano essere considerati” “artisti in esilio” ( esclusi o autoesclusi dal mondo dell'arte,personaggi che praticano ricerche eccentriche o hanno comportamenti eterodossi consapevoli o meno di fare arte, ma anche ricerche nell'ambito del parascientifico, del parapolitico, del parareligioso ...insomma in generale quei personaggi i cui comportamenti mettano in crisi le regole prestabilite dei sistemi di controllo).
Inoltre è stata l'occasione per far conoscere direttamente attraverso le loro performance tre artisti che già fanno parte del progetto (Fausto Delle Chiaie, Giuliano Nannipieri e Andrea Lanini)
Il secondo incontro a fine ottobre permetterà ai partecipanti di mostrare il materiale raccolto in questi mesi attraverso qualsiasi metodo di documentazione tenendo in considerazione però una dalla peculiarità del progetto cioè quello di adattarsi all'artista a seconda delle proprie qualità ed esigenze e non viceversa.

Il laboratorio si è infilato in una piega della piega del sistema Biennale. Trasformati dalla pedana centrale del padiglione L'Inadeguato in performer non troppo consapevoli si è creata una situazione di dibattito e di sperimentazione curatoriale ed artistica.
La discussione si è animata sui concetti di esilio, sulle pratiche di inclusione ed esclusione del sistema dell'arte e sulla messa in discussione di tali tematiche.
Non sono mancate le domande critiche e il lecito dubbio che portando in superficie certe ricerche si rischi di mescolarle con quel sistema che in realtà si sta criticando.
La risposta più significativa credo che sia stata data dagli artisti presenti che con le loro performance hanno destabilizzato, ognuno a suo modo, i vari ambiti precostituiti del controllo sulla produzione culturale ed artistica.

Giuliano Nannipieri già da prima del nostro ingresso ha iniziato le sue performance multiple che hanno attraversato tutta la durata del workshop.
Appena entrati lo abbiamo trovato sotto un telo nel centro del padiglione e poco distante un cellulare che squillava aspettando di interagire con lo spettatore (pagare per essere ascoltati) successivamente ha creato con farina ed acqua delle piccole palline, finti pidocchi da attaccare e poi riprendere pagando (pagare per esistere), performance da maestra come gli piace sottolineare che aveva già praticato nella scuola elementare dove insegna per togliere la paura del contagio del parassita ai bambini ed eliminare il pregiudizio verso i Rom (spesso additati dai genitori come i responsabili)
Tutto questo avveniva mentre si spiegava il progetto e le incursioni parassitarie di Nannipieri rendevano l'atmosfera ancor più interessante con un dialogo con Cesare Pietroiusti che si mostrava totalmente indifferente mentre Giuliano con la bocca staccava i “pidocchi” dalla sua testa, dialogo da grandi performer.
La multi performance è continuata con la consegna della seconda tesi dell'artista stampata in Falso adelfi “Dal corpo al corpus and back again: me stesso con e senza rete. Pratiche di costruzione della memoria. Storia come pubblicità e restauro della performance”.
Così al bordo della pedana ha allestito una colonna di suoi libri poi ha sistemato della carne (su cui scriveva “pagare per esistere”) e due lettere di rifiuto del suo lavoro da parte di Gagosian e Saatchi trasformate in adesivo .
Per concludere la mattinata ha poi posizionato fuori dall'ingresso del padiglione una piscinetta sgonfia che riempiva con secchiellate d'acqua dove si è rotolato violentemente quasi nudo (qui è riemerso il suo passato da artista body radicale) per poi iniziarvi a leggere una delle lettere mandate nei mesi di dialogo al “museo in esilio” portando progressivamente la propria voce al limite : “Questa italiana mi sembra una società fortemente egoica ovvero una società in cui i processi collettivi di semplificazione banalizzano alla coscienza i desideri profondi in percorsi di omologazione”.
La forza concettuale e l'impatto fisico di Giuliano sono state recepite da tutti i partecipanti confermando l'idea che ci sono grandi artisti che praticano fuori dal sistema.
Nel pomeriggio ha poi attaccato sul muro del padiglione adesivi con lettere ed immagini del proprio lavoro trascrivendo le caratteristiche fondamentali del suo pensiero, si è poi unito a noi nella discussione portando la sua grande carica di pensatore radicale.
Ha infine concluso il workshop attaccando 20 centesimi nelle sua “Opera ridotta a pubblicità”, un disegno stampato sul Poster/Manifesto del “Museo in Esilio” creato in vista di questo evento in collaborazione con la rivista “Boite” di Giulia Brivio e Federica Boràgina.

Fausto Delle Chiaie artista romano molto conosciuto soprattutto perché da più di vent'anni allestisce il suo “Museo a cielo aperto” in Piazza Augusto imperatore, ci ha incantato già nel giorno precedente al laboratorio quando appena sceso a Venezia è riuscito immediatamente ad individuare il contesto giusto per le sue azioni.
Con il suo finto cagnolino Lilly al guinzaglio ed il suo falso cellulare ha bloccato un' intera strada di passanti divertiti ed inconsapevoli di fare essi stessi parte dell'opera totale di Fausto Delle Chiaie.
All'interno del Padiglione è stato proiettato il video documentario sull'artista romano dal nome “Robaccia” http://www.youtube.com/watch?v=wLdteywPgTc
Successivamente ha risposto alle domande dei partecipanti ribadendo la convinzione che all'interno del contesto “l'opera è tutto”.
Quando gli è stata chiesta la reazione della polizia municipale e dei passanti in generale rispetto al suo lavoro ed al fatto di non avere permessi per esporre sul suolo pubblico Fausto ha affermato che nessuno chiede di togliere i suoi oggetti dalla strada perché la determinazione e la costanza della propria ricerca artistica hanno fatto si che lui e il suo museo siano parte integrante di quel contesto urbano e quindi non rimuovibili.
Del suo “museo a cielo aperto” come ci tiene giustamente a ribadire è il curatore,l'opera,il cassiere,il controllore,l'artista.. è tutto ripete, facendo una smorfia, carico di quell'ironia dono delle grandi menti.
Nella sua consapevolezza di essere un artista e di “dare molto più che una monetina a Roma e a chi passa” scardina profondamente i concetti di “artista” e di “museo” indagando le possibilità di una vita libera, fuori dagli schemi e dalle manie di successo “ufficiale” e denaro.

Andrea Lanini oltre ad aver partecipato attivamente alla discussione sulla pedana de L' Inadeguato ha deciso di creare fuori della Biennale un Happening dal nome “Di vino Pozzo” nel quartiere popolare di Castello appena fuori i giardini.
Riprendendo le caratteristiche essenziali della sua ricerca, quindi il dialogo con i contesto e la relazione con l'arte del passato ( la sua pratica artistica è sempre corsa parallela a quella di insegnate di Storia dell'arte), ha creato un “installazione generosa e potenzialmente generatrice di ebbrezza”.
Sullo sfondo della calle interviene su quattro panni attaccati in mezzo ai vestiti degli abitanti che rimandano ai maestri della pittura rinascimentale veneziana e poi allestisce un pozzo di cartone tagliato a mano posizionato tra due veri pozzi.
Il riferimento storico va a Veronese e alle Nozze di Cana quindi un pozzo non di acqua ma pieno di Vino. Dopo aver letto un bellissimo testo scritto per l'occasione ha iniziato a versare il Vino concludendo la giornata in maniera festosa e Dionisiaca, creando una di quelle “Zone autonome temporanee” , descritte da Hakim Bey, dove i pensieri vanno liberi i dibattiti si animano e tutto il conosciuto viene messo radicalmente in discussione, esempio e specchio di quelle situazioni che va cercando di creare il “Museo dell'arte contemporanea italiana in esilio”.
[Mattia Pellegrini]








                                                      


                                          
















Foto Letizia Romeo 



Considerazioni prima giornata di laboratorio museo in esilio:

Hal Foster ne Il ritorno del reale ricorda una frase di Donald Judd: "a work of art needs only to be interesting".
Nel suo caso, lo spostamento dal criterio di qualità a quello di interesse si rifaceva al pubblico del mondo dell'arte.
Nel nostro caso, sarà interessante capire come e in che modo si potrà espandere quel concetto ad esempio in ambiti come quelli dell'appropriazione, dell' identificazione, della cultura di massa e come in tutto questo opera la desublimazione dell'esperienza estetica, della sua concezione e del suo giudizio critico.
Riguardo i dubbi alzati rispetto al rischio di spettacolarizzare i risultati delle investigazioni, forse un modo per evitare quella deriva sarà approcciarsi al concetto di "curioso" nell' accezione latina della parola stessa, curiosus, che a sua volta deriva da cura, investigando i materiali e i soggetti che incontreremo, in un percorso che li porterà da materiali repressi a "materiali resistenti".     
[Chiaralice Rizzi e Alessandro Laita]







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